Di amarcord di maturità


Domani saranno 30 anni. 

Questo post era nell’aria da settimane, da quando ho cominciato a prepararmi agli esami di stato, da quando ho spulciato in anteprima le tracce della prova di Italiano, da quando ho cominciato ad interrogare ragazzi più o meno preparati e…spaventati. Poi, in questi giorni, saltellando qua e là, in un blog ho scoperto che la stessa idea l’avevano avuta anche altri e, complice anche il trentennale, non ho potuto esimermi dal partecipare a questa sorta di amarcord collettivo.

Era l’aprile dell’84 quando, fra la disperazione dei liceali dell’Italia tutta e l’isolata esultanza della III C il Ministero comunicò le materie d’esame per il Liceo Classico: Latino (e non Greco) scritto e, per l’orale, Italiano, Greco, Storia (e non Filosofia, come ci si aspettava) e …boh, non me lo ricordo…forse Matematica.
L’esultanza della III C nasceva non tanto dal Latino scritto (eravamo abbastanza forti anche nel Greco), ma dal Greco orale. Qui avevamo avuto l’Insegnante, quella che non ti faceva sentire il suono della campana perché pendevi dalle sue labbra e non potevi essere raggiunto da altri suoni, quella in grado di farti innamorare anche del più oscuro poeta greco, quella che sarebbe stata per sempre il mio modello.  Mentre tutti piangevano, noi festeggiavamo increduli la fortuna che c’era capitata.
1ºluglio (ancora gli esami cominciavano allora): prova scritta di Italiano.
Ricordo ancora con timore e tremore la lunga fila di banchi nel corridoio e io che, arrivata al solito orario, finivo al primo banco, davanti alla cattedra dei commissari. E poi l’apertura della busta sigillata e la dettatura dei compiti, con i commissari che via via ripetevano le tracce a voce alta, con un’eco inquietante. Altro che fotocopie! Ai tempi le tracce erano quattro, la prima, quella di attualità, per me orribile e con grossi rischi di banalizzazione: il significato degli esami di stato; la seconda, bella, di letteratura, ma io, che lì non avevo avuto un degno insegnante, non mi sentivo adeguatamente preparata a svolgerla; la terza, quella storica, sulla Questione Meridionale, la quarta sull’idea di Classico.   Mi fiondai sulla terza e scrissi il tema più lungo della mia carriera scolastica e per il quale ricevetti pubblica lode dai commissari di Italiano e di Storia.
Il giorno dopo…la tragedia. In un liceo pugliese era sparita la busta con la prova e (altri tempi) il testo venne immediatamente sostituito con una “versione punitiva” di Tacito: 24 righe e docenti che litigavano per l’interpretazione. Da ex studente riconosco di aver goduto di un paio di dritte da parte dei commissari; in particolare, ricordo la Suorina, commissario interno di una scuola privata abbinata alla mia classe che, volteggiando nel suo ingombrante paludamento, mi si avvicinava e, con un largo sorriso, mi traduceva un rigo intero. Il mio capolavoro venne immediatamente condiviso con tutti, con tecniche sperimentate e non compromettenti (altro che telefonini!) …e tutti ce la facemmo.
La mia classe venne sorteggiata come prima ed io feci esami il terzo giorno. Vestito a righe bianche e rosa e panico assoluto, anche se ero PREPARATISSIMA. Nell’interrogazione di Greco spaziai sulle donne della letteratura, a partire dalle figure femminili in Omero (sì, non era programma dell’anno, lo so, ma noi non ci ponevamo il problema: quanto studiato era patrimonio perenne…avevamo avuto l’Insegnante, ricordate?). In Storia si comincia con “Parlami dei trusts e dei cartelli”. Panico: mai studiata la II Rivoluzione Industriale, ma ricordavo di aver letto qualcosa. Sì, perché noi leggevamo, e tanto, anche ciò che non ci veniva richiesto e, in qualche modo mi barcamenai. La domanda più semplice fu “Parlami della Comune di Parigi secondo il giudizio di Marx, Lenin e Bakunin”: vi sorprendete se ho ancora gli incubi?
Finito l’esame tornai a casa col terrificante dolore ai reni che, da allora in poi, ha sempre caratterizzato ogni mio post esame .
E cominciò l’attesa dei risultati.. 

Voci ci informarono che la commissaria si era lamentata della nostra impreparazione in Italiano (e ne aveva ben donde) e che aveva fatto abbassare tutti i voti; poi arrivò la notizia che un ragazzo bravissimo di un’altra classe aveva avuto 50 (evento inaspettato almeno quanto il sacco di Roma di Alarico o, poi, il crollo delle Twin Towers). Quando seppi del 58 mio e della mia bravissima compagna non mi lamentai. Ciò che mi fece andare in bestia fu lo scoprire che il nostro 58 derivava dalla preparazione insufficiente DEGLI ALTRI ALUNNI DELLA CLASSE perché, visto che nessuno aveva fatto un esame brillante in Italiano, come logica deduzione noi due (che avevamo dato Greco e Storia) eravamo ugualmente impreparate.
Demmo entrambe risposta laureandoci in Lettere Classiche in 3 anni e una sessione.
Ma questa è un’altra storia.

Commenti

  1. Complimenti per la memoria!Ma evidentemente sono io la stramba visto che non sei la sola ad avere ricordi così nitidi degli esami.
    Infatti noto che l'amarcord relativo alla maturità impazza sui blog con ampi dettagli sulle prove e,credimi,vi ammiro tutti per l'entusiasmo con cui vi siete buttati in questa operazione.Detto questo,non rievocherò certo il mio esame anche perché ho ricordi spezzati,dei flash.
    So di sicuro che ho affrontato gli esami di maturità con impegno ma anche con la certezza che,per me,l'esame più difficile mi attendeva a settembre:VIII di pianoforte,l'incubo dei pianisti!!!
    Sarà per questo che,a differenza dei miei compagni,ero tranquilla e sorridente?

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    1. Penso proprio che la tua diagnosi sia esatta: tu avevi altre priorità. Per noi, che avevamo solo quella...ti assicuro che era tosta!

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  2. Io ho rimosso la maturità. A scuola ero bravissima, la maturità è stata un disastro, materie cambiate, professori che ce l'avevano a morte perché ero in una scuola privata e loro venivano da una pubblica, gente che non aveva fatto nulla in cinque anni aveva preso più di me che avevo sempre fatto diligentemente il mio dovere. Hanno detto che ero fuori tema nel tema italiano .... mai andata fuori tema in vita mia, manco alle elementari.
    Vabbé, pazienza, però non l'ho mai digerita.

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