Dei libri dell'anno 28: Ciò che inferno non è



Il libro che propongo oggi per il venerdì del libro farà storcere il muso a molti: ancora D'Avenia, con i suoi romanzi sdolcinati e ideologizzati, che presenta modelli di adolescente inesistenti in natura e il teatrino delle ovvietà.
Anch'io ero un po' prevenuta nell'iniziare questo libro (anche se gli altri globalmente mi erano piaciuti), e confesso che le prime pagine mi hanno "spiacevolmente impressionata" e mi son chiesta dove l'autore volesse andare a parare, considerato che il linguaggio prima era troppo baroccheggiante per i miei gusti, per poi cadere nella banalità qualche pagina dopo. 
Insomma, lettura partita sotto una pessima stella. 
Io  non mollo, però. Sono pochissimi i libri che ho abbandonato dopo averli cominciati, perché ripeto sempre che a tutti dobbiamo dare un'occasione (!). E in effetti pagina dopo pagina, la trama mi ha preso.

E' il racconto di un'estate, quella del 1993, vissuta da un ragazzo, Federico, che incarna perfettamente l'adolescente sognatore: grande lettore, poeta, vive nel culto della parola e, spesso, perde di vista la realtà. Invitato dal suo prof, don Pino Puglisi, ad aiutarlo per qualche tempo in parrocchia, scopre un mondo nuovo e sconosciuto a due passi da casa sua e ne rimane affascinato, al punto da rinunciare alla vacanza in Inghilterra,  perdere la bicicletta e  prendere tante botte, ma da questo cammino ricaverà la sua nuova umanità e l'amore di Lucia, ragazza nella quale l'autore ripropone il topos stilnovistico della donna salvifica, già visto nei precedenti romanzi.

Il vero protagonista, però, non è Federico, ma Don Pino, che non è parroco di un posto qualunque, ma di Brancaccio, terra di nessuno, parte di città divisa dalla città da un passaggio a livello, ma ideologicamente separata da una muraglia. 
A Brancaccio non ci sono scuole oltre la scuola elementare e non ci sono luoghi di aggregazione per i bambini e i ragazzi che bivaccano per le strade in attesa di essere assoldati dai "capi" e trasformati in possessori e portatori di inferno
Don Puglisi non accetta che tutto sia definito e perduto, ma lotta con tutti i mezzi leciti, per ottenere ciò che considera un diritto dei bambini del quartiere: una scuola media e dei locali in cui creare qualcosa di buono, insieme. Davanti a sé, però, trova solo porte chiuse e colpevoli ritardi. 
Non molla,  ma si sforza di combattere con quel che ha, l'amore (ciò che inferno non è) contro la mancanza di amore, che è il vero inferno. 
Sarebbe stato facile cadere nell'agiografia (e questo è fondamentalmente ciò che io temevo), ma , invece, D'Avenia è stato bravo a presentare la figura di don Puglisi in maniera molto "umana". E' ovvio, per chi ha fede, che il sacerdote è un martire, che le sue parole e le sue scelte sono dettate dalla sua profonda comunione con Dio e dal desiderio di donazione totale ai fratelli, ma anche chi ha una visione laica trova in lui una grande figura che lotta per ottenere per il suo popolo la giustizia e il bene, un uomo che combatte anche con la propria paura e con la consapevolezza di poter morire. 
La sua è una bellissima immagine di padre a tutto tondo, che non giudica, accoglie, dona, perdona e, quando è necessario, vince anche i suoi timori per insegnare a nuotare ad una bambina, senza nome e senza più padre.
Anche se  a prima vista i personaggi principali sono Federico e don Puglisi, in realtà questo è quasi un romanzo corale, che vede protagonisti i bambini di Brancaccio, tutti con un nome e con le loro storie spesso dolorose e drammatiche. Protagonisti, però, sono anche i vari mafiosi, che, invece, di nomi non ne hanno (a parte Nuccio), quasi a sottolineare la loro "non umanità" e che agiscono sullo sfondo di una città piena di bellezza, ma anche di orrore, di grandezza e di depravazione, volta contemporaneamente allo spasimo e alla gioia, dove i Paladini combattono e si annuncia la sconfitta di Gano e dove persino un assassino, nel sorriso di don Pino morente, può ricordare il bambino che era.
Diversi momenti richiamano (e rimproverano) le assenze e le connivenze della "società civile", ma il tutto viene lasciato sullo sfondo, perché più che la critica sociale e politica l'autore vuole sottolineare la necessità dell'impegno dei singoli, chiamati ad uscire dal recinto delle proprie certezze per aprirsi al "diversamente altro", e, soprattutto, a camminare a testa alta, nella consapevolezza della propria dignità.

Commenti

  1. sai che mi fai venire voglia di aprire una piccola biblioteca studentesca per adolescenti con i libri che segnali tu?!?!? anch'io abbandono raramente un libro, quindi... vediamo

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  2. Da come lo hai raccontato hai fatto venir voglia di leggerlo. Io poi adoro le storie dove ci sono gli adolescenti!!!
    Buone feste, cara, e felice Natale
    Vivy

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  3. Questo è l'unico libro di D'Avenia che non ho ancora letto, ma penso proprio che lo leggerò. È vero che è un po' sdolcinato ma il tema dell'adolescenza è complesso e lui ha trovato un bel modo di raccontare le ansie, le paure che tormentano i nostri ragazzi. In questo caso poi il tema della lotta condotta da Don Puglisi, come tu stessa dici, supera le differenze ideologiche tra chi ha fede e chi non ce l'ha.
    A presto
    Flavia

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  4. Questo titolo è in programma da prima che fosse pubblicato.D'Avenia è uno scrittore che ben conosce il mondo degli adolescenti e ancora meglio ne descrive ansie e aspettative.Non capisco come lo si possa associare a Moccia come autore per ragazzi considerando l'abisso che separa i due per temi e stile nonché per lessico
    Detto ciò,su padre Puglisi ho letto anni fa un bellissimo libro di Bianca Stancanelli che raccontava la vicenda umana di questo sacerdote con stile quasi giornalistico privo di passione grazie al quale però risaltava ancora di più la formidabile passione di don Pino.
    La tua recensione mi conferma la bontà delle mie convinzioni relative allo scrittore siciliano e mi invoglia ancora di più a leggere il romanzo.

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  5. Chiedo venia per le ripetizioni ma controllare dal cellulare è alquanto complicato

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  6. Tema molto interessante!
    Anche a me non piace abbandonare i libri, mi pare un fallimento!

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  7. @ Monica: l'idea non è male...
    @ Vivy: grazie...e auguri anche a te
    @ Flavia: anch'io trovo in D'Avenia spunti interessanti e credo che, a parte qualche aspetto, la sua presentazione del mondo adolescenziale sia valida.
    @Solsido: ho letto anch'io il libro della Stancanelli: Lì c'era l'impersonalità e il taglio giornalistico, qui c'è una maggiore tensione emotiva, com'è ovvio per stili e tipologie testuali diverse. In entrambi i testi, comunque, la figura di don Puglisi giganteggia in un mondo di nani
    @ Squitty: ....ma quante cose in comune, ih, ih, ih!

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  8. Come sai D'Avenia non lo amo, e non (solo) per pregiudizio, ma dopo molti post-giudizi.
    Su questo mi sa che passo proprio, per ora.

    Intanto, approfitto però per farti gli auguri, carissima. Ottime feste e ottimo natale!

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  9. ...e se ti dico che io non ho ancora letto nulla di suo?

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